Ti è mai capitato di provare un desiderio irrefrenabile di intervenire in qualche modo per mettere fine alla sofferenza di una persona?

Se ti sei trovato in questa situazione e hai pensato che quella sensazione intensa fosse “empatia”, forse è il momento di guardarla da un altro punto di vista: ciò che hai provato non è empatia, ma una difficoltà nel gestire le tue stesse emozioni.
Si sente spesso parlare di empatia, ma sappiamo davvero che cosa sia?
Essere empatici significa accogliere il mondo emotivo di un’altra persona così com’è, piacevole o spiacevole che sia, con presenza e rispetto. Spesso facciamo confusione: ci immedesimiamo e scambiamo quello che noi proveremmo in quella situazione con ciò che sta provando chi abbiamo davanti.
Capita che quando ascoltiamo il racconto di qualcuno ci perdiamo nel nostro vissuto tanto da confondere la nostra vita con la sua. Ci perdiamo in un grande fraintendimento: il dolore che percepiamo non è quello della persona che ascoltiamo, è il nostro. Quella che stiamo vivendo è un’immedesimazione e non un momento di vicinanza.
Per provare empatia è necessario essere ben radicati in sé, svestire i nostri i panni, entrare nel vissuto della persona che è di fronte a noi comprendere ciò che si muove in lei, riconoscendo che potremmo sentire delle cose completamente in dissonanza con il nostro modo di vedere/percepire la vita, permetterle di provare ciò che prova, rispettarlo ed accoglierlo.
Quando ci portiamo a casa il dolore di qualcun altro non siamo empatici ma persi.
Mettersi nei panni di un’altra persona, cambiando completamente prospettiva, spogliarsi dai nostri panni per vestire i suoi, con le sue esperienze, i suoi traumi, le sue gioie e le sue certezze non significa farsi dilaniare da un dolore che non ci appartiene ma solo comprendere l’esistenza di questo dolore, permetterlo, rispettarlo ed accoglierlo.
Questo è ciò di cui hanno bisogno le persone quando si confidano con noi: di essere viste, accolte, non giudicate, abbracciate e amate per quello che sono, con le loro luci e con le loro ombre.
Ciascuno di noi ha il diritto di vivere la propria vita per quello che è: non ci è richiesto di salvare nessuno.
Le esperienze che incontriamo sono per noi, non per qualcun altro.
Possiamo permetterci di stare vicini a qualcuno ricordandoci che spetta a noi deciderne le condizioni e i limiti che si configurano nel modo, nei tempi e nella quantità corretta per noi.
Queste dinamiche ci fanno vivere rispettandoci e non ci definiscono come persone cattive ma piuttosto individui consapevoli.
Sin da piccoli ci è stato insegnato un concetto distorto di egoismo.
Scegliere consapevolmente di dedicare tempo ed energia a noi stessi, quando ne abbiamo bisogno, non è egoismo. È rispetto.
Egoismo è forzare l'altro - anche attraverso la manipolazione affettiva- faccia, o scelga, ciò che desideri tu.
Ciascuno di noi è libero, c’è chi ha più spazio per vivere le proprie emozioni e chi meno, ma ciò che porta grande valore è il momento in cui una persona si accomoda accanto a noi con il desiderio di ascoltarci, dedicandoci un tempo che non scivola dalle mani, e non si è fatto portare lì dal senso del dovere o da un senso di colpa ma è arrivato con il desiderio di stare con noi e con le energie adatte a farlo. Ciò che conta non è la quantità di tempo che doniamo ma la qualità.
Le relazioni necessitano di equilibrio pertanto, i “no” sono parole che possono essere pronunciate con rispetto, chiarezza interna e portando, se serve, l’altra persona a conoscenza dei nostri bisogni che hanno dignità e valore pari ai suoi.
Per stare vicino ad una persona che sta soffrendo non c'è necessità che sprofondare anche noi in un abisso.
Possiamo starle accanto restando nella luce, ed è proprio da quello spazio luminoso che possiamo ispirarla, se vorrà, a risalire.
Per una settimana, prova a osservare e annotare:
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Quanti “sì” dici a te stessa, rispettando ciò che senti corretto per te?
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E quanti “sì” dici agli altri, a discapito di te?
Osserva anche quanto ti perdi nelle storie degli altri…e quanto riesci, invece, a restare connesso alla tua.
Un abbraccio
Laura Hamsa
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